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domenica 5 febbraio 2012

Midnight in Paris 2011

Gil (sceneggiatore hollywoodiano con aspirazioni da scrittore) e la sua futura sposa Inez sono in vacanza a Parigi con i piuttosto invadenti genitori di lei. Gil è già stato nella Ville Lumiêre e ne è da sempre affascinato. Lo sarà ancor di più quando una sera, a mezzanotte, si troverà catapultato nella Parigi degli Anni Venti con tutto il suo fervore culturale. Farà in modo di prolungare il piacere degli incontri con Hemingway, Scott Fitzgerald, Picasso e tutto il milieu culturale del tempo cercando di fare in modo che il ‘miracolo' si ripeta ogni notte. Suscitando così i dubbi del futuro suocero.
Woody Allen ama Parigi sin dai tempi di Hello Pussycat e ce lo aveva ricordato anche con Tutti dicono I Love You. Nella sequenza di apertura fa alla città una dichiarazione d'amore visiva che ricorda l-ouverture di Manhattan senza parole. Ma anche qui c'è uno sceneggiatore/aspirante scrittore in agguato pronto a riempire lo schermo con il suo male di vivere ben celato dietro lo sguardo a tratti vitreo di Owen Wilson. Solo Woody poteva farci ‘sentire' in modo quasi tangibile la profonda verità di un ‘classico' francese che nella parata di personalità che il film ci presenta non compare: Antoine de Saint Exupery. Il quale ne “Il piccolo principe” fa dire al casellante che nessuno è felice per dove si trova. Il personaggio letterario verbalizzava il bisogno di cercare sempre nuovi luoghi in cui ricominciare a vivere. Il Gil alleniano vuole sfuggire dalla banalità dei nostri giorni ma trova dinanzi a sé altre persone che esistono in epoche che ai posteri sembreranno fulgide d'arte e di creazione di senso ma non altrettanto a chi le vive come presente. 
Se il Roy di L'uomo dei tuoi sogni era solamente uno scrittore avido di successo Gil è affamato di quella cultura europea di cui da buon americano si sente privo. Ma ha lo sguardo costantemente rivolto all'indietro. Forse, sembra dirci Woody, ha ragione ma è comunque indispensabile uno sforzo costante per cercare nel presente le ragioni del vivere e del creare. A Gil Allen concede quella speranza che invece negava perentoriamente (e con ragione) a Roy. Ricordandoci (ancora una volta e con delle evidenti analogie con La rosa purpurea del Cairo) che nulla può consentirci di sfuggire a noi stessi e al nostro tempo e che forse (nonostante tutto) è bene così.



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