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domenica 20 novembre 2011

Sanctum

In una riserva di grotte in Nuova Guinea, un gruppo di speleologi si occupa della perlustrazione di un sistema di cave sottomarine alla ricerca di nuovi condotti e di anfratti ancestrali. Il più giovane della compagnia è Josh, figlio adolescente del capo-speleologo Frank in pieno dissidio paterno. Assieme al ricco finanziatore della spedizione Carl e alla sua fidanzata Victoria, Josh raggiunge il gruppo di esploratori nelle profondità delle caverne mentre si consuma una tragedia: dopo aver trovato un nuovo passaggio che porta a una grande cattedrale degli abissi, Frank non è riuscito a mettere in salvo la sommozzatrice Judes, rimasta senza ossigeno. La morte della collega fa esplodere le tensioni fra Frank e Josh, che arrivano ad accusarsi a vicenda per quanto successo, ma proprio in quel momento una tempesta tropicale si abbatte sulla riserva, rendendo impossibile la risalita e costringendo il gruppo a passare attraverso i fondali dell'oceano per poter riemergere in superficie.
Non è solo per motivi promozionali che il nome del produttore esecutivo James Cameron campeggia ben più vistosamente di quello del regista Alister Grierson sui manifesti di Sanctum. La patria potestà del titanico “Re del Mondo” si evidenzia tanto nel dispositivo tecnologico impiegato (le macchine da presa sono le stesse che Cameron ha sviluppato per la lavorazione di Avatar), quanto in certi elementi della storia. In questa impresa sottomarina di un gruppo di sub intrappolati nelle viscere dell'Oceano Pacifico, ritroviamo infatti la sua ossessione per le profondità sottomarine iniziata con The Abyss e mai più abbandonata, ma anche alcuni elementi più sottili come l'esibizione dell'apparato tecnologico (la mappatura animata degli ambienti), il gioco al massacro fra survivors (non lontano da quello dei marines di Aliens o di Avatar) e, più in generale, il gusto per la commistione di più generi “bassi” (l'avventura esotica e il thriller d'azione). Eppure, questo tentativo di immersione nelle trame della filmografia di Cameron non si sforza troppo di raggiungere la profondità di avanguardia tecnologica o l'equilibrio fra dimensione futuribile e racconto classico dei suoi film. Al contrario, dopo un avvio comunque capace di generare tensione, Sanctum resta presto in debito d'ossigeno e procede accumulando ambigue caratterizzazioni dei personaggi e pretesti anodini per ottenere suspense. La stereoscopia è senza dubbio funzionale nell'elemento acqua e fintanto che i protagonisti si muovono fra gli abissi del Pacifico e le cattedrali marine con le loro ingombranti mute da sub, si sguazza volentieri fra le immagini con i nostri occhiali polarizzati. Ma anche l'effetto meraviglia del 3D si esaurisce presto, man mano che il giovane regista australiano si dimostra poco educato nei movimenti e riporta in superficie soprattutto i difetti del suo apparato tecnologico, arrancando fra piani stretti, montaggio serrato e personaggi continuamente posti ai margini del quadro. Così che, più che un gustoso e ingenuo B-Movie da drive-in in stile anni Settanta (con un più facoltoso Cameron a prendere virtualmente il posto che fu di Roger Corman e della sua factory), ci si trova di fronte a un surrogato di un film di Cameron, a un suo anonimo avatar.


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