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venerdì 2 dicembre 2011

Lo schiaccianoci 3D

Vienna, anni Venti. Mary ha nove anni, un fratello più piccolo che non la lascia in pace e una vivida fantasia. La vigilia di Natale, i genitori lasciano i due bambini con l'amato zio Albert, che fa dono a Mary di uno schiaccianoci di legno, N.C. Con la complicità della notte, il giocattolo si anima e conduce Mary in una dimensione parallela e meravigliosa. Qui la bimba apprende che N.C. in realtà è un principe, ridotto a pezzo di legno dal sortilegio della subdola madre del Re dei Ratti, il cui piano criminale prevede il rogo di tutti i giocattoli e la "rattificazione" del mondo.
Se il film di Konchalovsky ha tardato qualche anno ad arrivare in sala forse una ragione c'è. Pur non accusando segni del tempo e anzi godendo di ottima salute, stando al fisico tutto luccichii natalizi e 3D, questo Schiaccianoci sembra straparlare. Il misterioso signor Drosselmeir è divenuto zio Albert Einstein, Freud passeggia per le vie della città, N.C. (the Nutcracker) è mezzo Pinocchio e mezzo Napoleone, i topi capeggiati da re Turturro sono nazisti che nei forni bruciano i giocattoli, mentre gli operai giù alle fornaci sembrano bolscevichi russi sulla soglia della rivoluzione sociale. A nulla vale che il regista si nasconda dietro la formula rubata alla fisica (e applicata, già che c'è, all'obiettivo cinematografico o alle magie della scenografia) per cui "tutto è relativo": c'è troppo e troppo poco e la visione del film si confonde con la visita ad un museo di giocattoli: roba immobila e stantìa.
L'unico merito che si può attribuire a Konchalovsky è quello di aver ripristinato gli elementi più scuri della favola tedesca, che Dumas aveva spazzato via e che il balletto stesso non contempla. Non che per questo -per ribadire, cioè, la necessità di accettare la natura problematica della vita e di lottare contro quelle che appaiono come difficoltà insormontabili- occorresse scomodare didascalicamente Freud in persona (“hai sentito, caro, cosa dice il dottore dei sogni dei bambini…”) ma questa - lo si ribadisce - è purtroppo la ricetta del film: un'insalata russa, secondo la ricetta originaria che comprendeva un po' di tutto. Solo che con un kolossal “retro-futurista” con gli attori americani in cornice austro-ungarica e le canzoni che sillabano “è stata dura però l'usurpatore è


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