Michael Bay, di tutto di più. O meglio, di tutto e sempre troppo. Sgombriamo subito il campo da paure e confronti: il terzo capitolo della saga che mette di fronte i buoni Autobot e i cattivissimi Decepticon è sicuramente meglio del disastroso numero due, ma peggio del primo. Di quest'ultimo recupera l'anima più leggera e ironica, la voglia di scene spettacolari unito a una trama solida e (abbastanza) semplice, il gusto per sequenze “ormonali”. Il problema è che poi il film si dimentica di passare un montaggio e rimaniamo annichiliti di fronte a 156 minuti che ci investono e ci stremano, anche fisicamente. Perché, parliamoci chiaro, pur essendo questo un 3D non pleonastico- anzi-, questa tecnologia rimane faticosissima per lo spettatore. E dopo due ore e mezza il piacere di aver visto qualcuno che l'ha saputa usare è di sicuro sovrastato dall'inevitabile emicrania che coglie anche i più allenati.
Torna Shia LeBoeuf e si sente: il serioso damerino che aveva attraversato La vendetta del caduto con il broncio lascia di nuovo il posto alla faccia da “divo per caso”, per di più ora precario: anche in America stanno scoprendo che il governo non ti trova lavoro neanche quando Obama in persona ti dà una medaglia per aver salvato un paio di volte il mondo. Il ritorno del nostro antieroe ci fa quasi dimenticare l'abbandono doloroso di Megan Fox, a cui qui è anche dedicato un poco elegante saluto. “Non ci piaceva, era cattiva” dicono i due Transformers domestici di Sam, tanto per salutarla. Sarà, ma di sicuro riempiva il grande schermo come non riesce a fare la bionda e poco carismatica Rosie Huntington- Whiteley, oltre ad essere più facile da pronunciare.
Ci si diverte con Transformers 3, soprattutto all'inizio, poi si aspetta con ansia la fine anche per i difetti congeniti della saga: il solito problema delle scene di guerra in cui amici e nemici non si distinguono, il vizio consueto di Bay di non avere limiti, i dialoghi che non reggono le immagini, soprattutto se a parlare è il saccente Optimus Prime, uno che massacra i nemici con la sua retorica più che con il suo talento da combattente. Piace invece il punto di partenza, l'entrata a gamba tesa tipica del cineasta, il racconto delle origini. Dopo Watchmen e X-Men: l'inizio, ora ancheTransformers 3 decide di prendere la strada di Forrest Gump e svelare la “vera” storia americana. Dopo il Nixon del fumetto di Moore e la spiegazione della crisi di Cuba del cinefumetto della Marvel, questa è la volta dello sbarco sulla Luna. Colpa delle macchine-robot, nessuna spinta ideale verso l'astro più romantico da parte di JFK e soci, si doveva capire chi o cosa fosse precipitato sul Mare della tranquillità. Un ottimo pretesto per riscrivere la Storia, per un cammeo di Buzz Aldrin e soprattutto, ovviamente, per citare i Pink Floyd con Dark side of the moon. Come abbiamo detto, tanta roba. Troppa.
Torna Shia LeBoeuf e si sente: il serioso damerino che aveva attraversato La vendetta del caduto con il broncio lascia di nuovo il posto alla faccia da “divo per caso”, per di più ora precario: anche in America stanno scoprendo che il governo non ti trova lavoro neanche quando Obama in persona ti dà una medaglia per aver salvato un paio di volte il mondo. Il ritorno del nostro antieroe ci fa quasi dimenticare l'abbandono doloroso di Megan Fox, a cui qui è anche dedicato un poco elegante saluto. “Non ci piaceva, era cattiva” dicono i due Transformers domestici di Sam, tanto per salutarla. Sarà, ma di sicuro riempiva il grande schermo come non riesce a fare la bionda e poco carismatica Rosie Huntington- Whiteley, oltre ad essere più facile da pronunciare.
Ci si diverte con Transformers 3, soprattutto all'inizio, poi si aspetta con ansia la fine anche per i difetti congeniti della saga: il solito problema delle scene di guerra in cui amici e nemici non si distinguono, il vizio consueto di Bay di non avere limiti, i dialoghi che non reggono le immagini, soprattutto se a parlare è il saccente Optimus Prime, uno che massacra i nemici con la sua retorica più che con il suo talento da combattente. Piace invece il punto di partenza, l'entrata a gamba tesa tipica del cineasta, il racconto delle origini. Dopo Watchmen e X-Men: l'inizio, ora ancheTransformers 3 decide di prendere la strada di Forrest Gump e svelare la “vera” storia americana. Dopo il Nixon del fumetto di Moore e la spiegazione della crisi di Cuba del cinefumetto della Marvel, questa è la volta dello sbarco sulla Luna. Colpa delle macchine-robot, nessuna spinta ideale verso l'astro più romantico da parte di JFK e soci, si doveva capire chi o cosa fosse precipitato sul Mare della tranquillità. Un ottimo pretesto per riscrivere la Storia, per un cammeo di Buzz Aldrin e soprattutto, ovviamente, per citare i Pink Floyd con Dark side of the moon. Come abbiamo detto, tanta roba. Troppa.
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