In un mondo in cui da sempre si combatte una lotta cruenta tra esseri umani e una particolare forma di vampiri-mostri, che poco hanno di raffinato e molto di animale, la Chiesa è riuscita ad avere la meglio addestrando all'arte del combattimento una legione di preti guerrieri. Grazie a loro è stata finalmente debellata la minaccia infernale. Il prezzo da pagare però è un dominio della Chiesa sulle città-roccaforte e sulle vite di tutti gli abitanti, in quanto protettori ufficiali dal male.
Ma senza nemici da combattere è duro il reinserimento nella società per i preti-guerrieri, assillati da incubi e sensi di colpa che affondano le radici nei traumi delle molte battaglie combattute. Solo l'imprevedibile ritorno di una nuova orda di vampiri darà nuovo senso alla loro crociata e nuove preoccupazioni a una chiesa più intenzionata a sostenere di aver debellato la minaccia che a prendere le dovute contromisure.
La coppia Scott Stewart-Paul Bettany torna ad occuparsi di cinema che incrocia fantascienza, religione e azione (con in più anche un po' di horror) dopo il magro risultato di Legion. Priest è un frullatone solo blandamente ispirato all'omonimo fumetto sudocoreano, di cui tiene parte dell'ambientazione western, e molto giocato su un campionario di soluzioni e atmosfere che guardano ad altro cinema.
L'estetica di Sergio Leone (c'è anche un assalto al treno in corsa come in C'era una volta il West) applicata al dualismo bene/male, il post apocalitico desertico in stile Mad Max per le lande desolate e i malvagi incursori che dominano gran parte del film e il fantascientifico in stile Blade runner per l'affollata e distopica metropoli da cui tutto parte e a cui tutto tornerà, sono solo i più evidenti riferimenti di un frullato che ha però poco di postmoderno e molto di pigro.
Stewart cerca l'azione frenetica e l'originalità con alcune curiose ellissi di montaggio e una fotografia giocata sul contrasto oscurità/luce accecante ma ottiene solo stordimento. L'unione di molte mitologie ed estetiche cinematografiche diverse dovrebbe generare un senso nuovo o essere asservita a un'idea di cinema in grado di manipolare abilmente icone e topoi ma qui sembra solo il frutto di una facile soluzione.
In Priest tutto è immediato e dimenticabile, dalle motivazioni che spingono i preti-combattenti, alla colpa che martoria il protagonista, agli espedienti che utilizzano per farsi strada tra i vampiri-mostri, fino al piano d'attacco dei malvagi di turno. E alla fine anche il complotto oscurantista di una chiesa politica e vigliacca, sembra una facile opposizione logica (nonchè una ancor più facile e pigra metafora) da giustapporre alla ferrea morale dei preti-combattenti.
Inconcludente il 3D.
Ma senza nemici da combattere è duro il reinserimento nella società per i preti-guerrieri, assillati da incubi e sensi di colpa che affondano le radici nei traumi delle molte battaglie combattute. Solo l'imprevedibile ritorno di una nuova orda di vampiri darà nuovo senso alla loro crociata e nuove preoccupazioni a una chiesa più intenzionata a sostenere di aver debellato la minaccia che a prendere le dovute contromisure.
La coppia Scott Stewart-Paul Bettany torna ad occuparsi di cinema che incrocia fantascienza, religione e azione (con in più anche un po' di horror) dopo il magro risultato di Legion. Priest è un frullatone solo blandamente ispirato all'omonimo fumetto sudocoreano, di cui tiene parte dell'ambientazione western, e molto giocato su un campionario di soluzioni e atmosfere che guardano ad altro cinema.
L'estetica di Sergio Leone (c'è anche un assalto al treno in corsa come in C'era una volta il West) applicata al dualismo bene/male, il post apocalitico desertico in stile Mad Max per le lande desolate e i malvagi incursori che dominano gran parte del film e il fantascientifico in stile Blade runner per l'affollata e distopica metropoli da cui tutto parte e a cui tutto tornerà, sono solo i più evidenti riferimenti di un frullato che ha però poco di postmoderno e molto di pigro.
Stewart cerca l'azione frenetica e l'originalità con alcune curiose ellissi di montaggio e una fotografia giocata sul contrasto oscurità/luce accecante ma ottiene solo stordimento. L'unione di molte mitologie ed estetiche cinematografiche diverse dovrebbe generare un senso nuovo o essere asservita a un'idea di cinema in grado di manipolare abilmente icone e topoi ma qui sembra solo il frutto di una facile soluzione.
In Priest tutto è immediato e dimenticabile, dalle motivazioni che spingono i preti-combattenti, alla colpa che martoria il protagonista, agli espedienti che utilizzano per farsi strada tra i vampiri-mostri, fino al piano d'attacco dei malvagi di turno. E alla fine anche il complotto oscurantista di una chiesa politica e vigliacca, sembra una facile opposizione logica (nonchè una ancor più facile e pigra metafora) da giustapporre alla ferrea morale dei preti-combattenti.
Inconcludente il 3D.
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