Ibiza. Sandro è un regista di film porno a cui piomba tra capo e collo la figlia diciassettenne Luce. Lui se ne è sempre occupato poco ma, soprattutto, lei non sa qual è il lavoro paterno. Angelino gestisce un piccolo bar sulla spiaggia, smercia un po' d'erba e sogna una casa e un figlio. Quando si trova tra le mani una valigetta con quattro chili di cocaina crede di poter cambiare vita. Il commissario dell'isola ha invece un figlio in costante rotta di collisione con lui dopo la morte della madre. Le vicende dei tre uomini si intrecciano. Se c'è qualcuno che soffre di una pericolosa amnesia sembra essere proprio il regista. Chi scrive ne è stato sostenitore convinto fino a Mediterraneo che, pur con i suoi difetti, reggeva fino allo stonato finale. Già con Puerto Escondido il controllo delle operazioni sembra essere sfuggito di mano al regista in favore del primattore Abatantuono (debordante). Poi s'indirizza alla fantascienza ( Nirvana) con qualche pretesa di troppo e al grottesco dark di Denti. Ora, alla soglia dei cinquanta, Salvatores sembra dimentico del proprio passato e mescola senza passione le accelerazioni visive di Sud al vecchio Diego. Il tutto con reminiscenze messicane (alcune strade e zone aride sembrano le stesse) con l'immancabile (o quasi) droga.
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